Doping: diritto alla vita privata violato da whereabouts e test a sorpresa?
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo è stata chiamata a pronunciarsi in materia di doping, stabilendo che i cosidetti whereabouts (informazioni fornite dagli atleti circa la propria reperibilità) ed i test a sorpresa non violano il “diritto al rispetto della vita privata e familiare” di cui all’art. 8 CEDU.
Per la corte di Strasburgo, infatti, è legittima la regolamentazione relativa agli obblighi incombenti sugli sportivi inseriti nelle liste d’interesse degli atleti di alto livello e non viola l’art. 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, (rubricata “Diritto al rispetto della vita privata e familiare“).
Gli atleti inseriti in tali elenchi (NADO Registered Testing Pool), infatti, sono tenuti a fornire informazioni sulla propria reperibilità quotidiana (i cosidetti whereabouts).
Per i Giudici infatti si tratta di una disciplina che offre alla imprescindibile lotta al doping un quadro equilibrato.
Infatti, pur imponendo notevoli obbligazioni, fissa anche un sistema di garanzie costituito dalla possibilità di opporsi alla inclusione nelle liste d’interesse, di difendersi in sede giustiziale, di sapere in quali orari possono essere effettuati i controlli, nonchè di impugnare le sanzioni innanzi alla giurisdizione amministrativa.
Leggi ancora su dirittomedicinasport.it la sentenza: corte europea diritti dell’uomo, sez. V, 18 gennaio 2018 n. 48151/11 e n. 77769/13]
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