Consigliare diete in palestra è reato
Diritto e sport – Se non si è abilitati all’esercizio della professione di dietista o di biologo, prescrivere programmi alimentari, elargire generici consigli, svolgere attività di educazione alimentare all’interno di una palestra integra il reato di abusivo esercizio di una professione, ai sensi dell’art. 348 c.p..
È quanto stabilito in materia di diritto e sport dalla Cassazione penale, sentenza 28 aprile 2017, n. 20281.
La questione è interessante perché capita con frequenza che all’interno di altre attività, connesse al fitness o allo sport, vengano consigliati regimi alimentari o vere e proprie diete, quando non integratori.
In realtà preparare schede alimentari personalizzate, con indicazione delle caratteristiche fisiche di ogni cliente e relative valutazioni, diari alimentari, prescrizioni alimentari e revisione delle prescrizioni sono tutte attività riservate a biologi o dietisti, a meno di commettere esercizio abusivo della professione
Questa la vicenda.
Gli imputati risultavano essere gestori di palestre. Nel corso di un controllo operato dalla Guardia di Finanza, erano state reperite schede di alimentazione personalizzata redatte per i frequentatori di centri, a loro destinate. Tuttavia, nessuno di tali gestori del centro era abilitato alla professione di medico dietista o di biologo, requisito ritenuto invece necessario per tale tipo di prestazioni. Le schede alimentari erano dettagliate, personalizzate, contenenti previsione di revisioni alle date stabilite e indicate, con elargizione di generici consigli alimentari.
Gli imputati avevano sostenuto in Cassazione che la loro condotta si era limitata alla redazione di programmi alimentari destinati a persone comunque sane. Avevano affermato che non erano stati disposti accertamenti su intolleranze alimentari, né erano state approfondite le condizioni fisiche specifiche dei destinatari dei programmi alimentari, situazione questa che esulerebbe – secondo la ricostruzione dei ricorrenti – dalla fattispecie penale contestata.
Occupandosi di diritto e sport, la Corte sostiene che l’individuazione dei bisogni alimentari dell’uomo attraverso schemi fissati per il singolo con rigide previsioni e prescrizioni, se non è esclusiva del medico biologo, spetta al massimo ad altre categorie professionali per le quali è comunque prescritta l’acquisizione di una specifica abilitazione professionale.
Si tratta ad esempio di medici, farmacisti, dietisti, fatte salve le competenze di settore.
Ma – in virtù delle ricadute in termini di Salute Pubblica – tali prescrizioni non possono essere esercitate da persone che siano prive di competenza in tema sanitario, come nel caso di specie.
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